L’olivo nella “Bassa Romagna”

La presenza della pianta di olivo, nel territorio che ha come riferimento le prime colline a ridosso della “costa adriatica romagnola”(attuali province di Rimini e Forlì-Cesena), ha radici molto lontane che sembrano risalire all’età villanoviana.

L’affermarsi della coltura è stato favorito nei secoli dal clima tipico di questo areale di coltivazione e più temperato rispetto ai territori più a nord della Romagna che risentono di un clima più rigido e tipicamente padano. Il comprensorio brisighellese, in provincia di Ravenna, e alcuni limitati territori collinari della provincia di Bologna rappresentano le uniche eccezioni più a nord, per il loro particolare microclima adatto alla coltura.

Le fonti archivistiche dell’alto Medioevo e quelle successive documentano la coltivazione dell’olivo in forma semi-intensiva in tutti questi territori, unitamente alla presenza di numerose strutture di trasformazione.

La documentazione settecentesca, che ha come riferimento la “Pratica Agraria” scritta dall’abate Giovanni Battarra, contiene note specifiche sulla preparazione dei terreni e sulle cure agronomiche destinate alla coltura dell’olivo in Regione.

Un testo parallelo e di poco posteriore a quello del Battarra, è dato dalle Istruzioni di agricultura, scritte dal canonico riminese Paolo Morelli nel 1816 e poco conosciute perchè rimaste inedite. In esse trova ampio spazio l’olivicoltura locale, a cui sono riservati appositi capitoli.

Nel frattempo, purtroppo, una serie di eventi climatici sfavorevoli aveva recato grave pregiudizio al patrimonio olivicolo locale, riducendo in misura drastica – all’inizio dell’Ottocento – la produzione riminese. Essa, che un tempo consentiva perfino una certa esportazione e, più di recente soddisfaceva a malapena le esigenze locali, ora risultava nettamente scemata.

Anche lo Stato Pontificio, durante il 1800 riconobbe l’importanza economica della coltura, incentivandone la coltivazione con interventi finalizzati a favorire la realizzazione di nuovi impianti. Tali interventi dovevano servire a mantenere una presenza significativa della coltura, spesso ridimensionata dalle ricorrenti gelate.

I primi dati attendibili relativi alla superficie interessata alla coltivazione dell’olivo in Regione risalgono al 1934 (M.Farina , Rapido sguardo all’olivicoltura riminese, ne L’agricoltura romagnola, 15 febbraio 1934) e documentano la presenza di circa 5.000 ettari di coltura olivicola, dei quali solo 500 ettari in coltura specializzata.

Gli eventi bellici, le gelate del 1956-1985 e 1996 e la diffusione delle coltivazioni estensive (1970-1980) hanno portato a una progressiva scomparsa della presenza dell’olivo sul territorio regionale. I nuovi impianti reallizzati nell’ultimo ventennio (1988-2008), hanno consentito un significativo recupero delle superfici olivicole scomparse nel recente passato.